”Hammondeon”, ovvero simbiosi tra organo Hammond (Stefan Patry) e fisarmonica (Renè Sopa), strumenti che si valorizzano a vicenda e che trovano l’humus necessario nel terreno ritmico preparato da Francois Morin alla batteria e Jaco Largent alle percussioni, i quali, mai ridondanti o invadenti, sostengono il discorso armonico e melodico dei due titolari con una pertinenza invidiabile sia che si prenda la strada del funk, del jazz o dei carabi.
Sopa e Patry , con le loro timbriche ora dense e morbide, ora alabastrine, instaurano un clima – “L’Etè Indien”, no? - veramente gradevole ed il loro pregio è proprio quello di sapersi esporre con eloquenza jazzistica, con pronuncia guizzante, con ricchezza timbrica e dinamica in un discorso sempre piacevolmente fruibile. Senza dimenticare l’introduttiva “Raymonde 007” ( vero compendio del mondo Hammondeon), l’energica “Agathe the funk”, l’omaggio a Piazzolla di Sopa o le pennellate crepuscolari di “Solitude” e “Julie”, è dando un’occhiata agli standard proposti che si intuiscono gli estremi entro i quali si muove il quartetto : accanto a “It Aint Necessarily So” di Gershwin e “Killer Joe” di Golson abbiamo “Toulouse” di Chevalier e a “L’Etè Indien” di Cutugno, ovvero il lato più jazzistico e sanguigno di provenienza nordamericana affiancato a quello più melodico e introspettivo di matrice franco-europea. Disco quindi estremamente godibile, senza controindicazioni, con quel pizzico di sapore nostalgico che non guasta e con un interplay tra i musicisti tutto da gustare.
Recensioni CD - Renato Belardinelli 11 gennaio 2008
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