|
Nicola Camoigrande |
|
Alberto Fantino (fisarmonica/accordion),
Antonio Valentino (pianoforte/piano) |
|
Stradivarius |
|
10 September 2005 |
|
I compositori che ci hanno provato lo dicono: è facile far funzionare
un quartetto d'archi con una fisarmonica, così come anche le diverse
percussioni con una o più fisarmoniche; poi, i differenti duetti
con i vari fiati risultano tutti sempre molto efficaci, similmente la fisarmonica
con la voce o anche con il coro
E tutti sono altrettanto d'accordo
nel sostenere che il duo fisarmonica e pianoforte sia qualcosa di "difficile",
un incastro complicato, qualcosa a cui prestare attenzione perché
rischioso.
Evidentemente Nicola Campogrande ha del coraggio. Nel booklet, furbescamente,
egli ha cercato di captare la benevolenza degli ascoltatori parlando di
"partner
assurdo" o "coppia bizzarra". Ne deduco,
e sono sempre convinto che la fisarmonica faccia paura ai compositori. Le
"danze del riso e dell'oblio" affrontano la montagna da scalare
dal versante più impervio: quello della soavità, dello scambio
di ritmi e di melodie, dell'intrigante gioco del "si vede e non si
vede", del sognare ad occhi aperti e del viaggiare nel tempo magicamente.
Sarebbe stato facilissimo scrivere mille note a pagina per dei virtuosi
di razza come i pianisti ed i fisarmonicisti. Invece, per eseguire questa
"macro-suite" di omaggio alla danza, i bravissimi Alberto Fantino
e Antonio Valentino non hanno gareggiato in velocità come i bolidi
di Indianapolis, bensì sono stati chiamati ad un lavoro di cesello,
alla cura dei minimi dettagli sempre nella in una dimensione di continuo
trasporto per non dire onirica. L'immaginazione e la fantasia, ecco cos'è
stimolato dall'ascolto di questo disco.
Direi che si tratta proprio di un risultato straordinario. Ultima precisazione,
la parte della fisarmonica è stata scritta per uno strumento a Bassi
standard senza impiegare un'estensione superiore alla normale tastiera tradizionale
(41 tasti). Vale a dire: tutti possono suonare le "danze del riso e
dell'oblio" se vogliono e, per chi non lo avesse ancora capito, la
buona musica non ha nulla a che fare con la quantità delle note. |