La fase di popolarità del tango, ad oggi, non mostra alcun cenno di decadenza. Il fascino di questo ritmo è oggi più che mai enorme per il pubblico europeo. Il panorama discografico in uscita ne è una lampante dimostrazione, così come dimostra che questa musica, che ha la sua culla in Argentina, non è indenne dal più importante fenomeno musicale odierno: quello della contaminazione. Questa situazione rende attualissimo questo nuovo disco di Lydie Auvray tutto dedicato al tango e che porta un titolo molto emblematico: Tango toujours. Fare un disco sul tango comporta, per una musicista affermata e conosciuta come Lydie, delle scelte, scelte a volte non scontate. Innanzitutto cè il problema di come rapportarsi con il tango tradizionale argentino e poi, soprattutto, con il Nuevo Tango del grande Astor Piazzolla. Poi cè anche lesperienza del tango-canzone (pensiamo a Milva o ad Horacio Ferrer o altri ancora). La scelta compiuta da Lydie Auvray è stata, a mio parere, la più corretta: guardare al suo passato e non abbandonare il suo stile e la sua personalità. Credo che sia per questi motivi che nessuna delle 14 tracks di questo album sia cantata e credo, sempre per gli stessi motivi, che questo sia un disco di tango europeo (come correttamente riportano le note del booklet). In questo emerge la personalità di Lydie ed anche il perché, in fondo a tutto questo ragionamento, si può tranquillamente dire che, a suo modo, anche questo disco è una contaminazione. I quattordici tanghi di questo CD sono tutti molto gradevoli, appetibili, anche se non cantati, sono molto song nel loro essere ritmati ma comunque anche melodici. Sono tutti scritti dalla fisarmonicista leader (che avrebbe potuto intitolare il CD anche My tangos) che anche in questo caso è sempre e comunque leader con il suo timbro inconfondibile in tutti i brani. In unaltra recensione ho già parlato del suono di Lydie come vera e propria identità sonora. Ad arricchire il suono della sua band (Die Auvrettes) vi è la presenza del quartetto darchi Indigo tutto al femminile, in questo caso nel ruolo di special guest. La scelta del quartetto darchi è molto funzionale alla sonorità dei tangos e gli arrangiamenti degli archi (del pianista Wolf Mayer) risultano essere sempre molto contenuti puntando molto ad un buon colore di suono anziché al ritmo, che rimane affidato comunque al gruppo base con pianoforte, chitarra, basso e batteria. |