"Rebelot"
(Eugenia Marini - "Strumenti e Musica", Novembre 1993)
Da alcune parti si va denunciando una certa confusione nei riguardi di alcune tematiche relative alla fisarmonica; al di là delle opinioni personali, ben vengano discussioni utili a stimolare il nostro dibattito interno e a mettere a nudo alcune nostre sofferenze; solo in questo modo si arriverà ad una crescita effettiva. All'insegna del "rebelot" più completo è stato invece improntato l'articolo con l'intervista a Salvatore Di Gesualdo apparso sul numero precedente di "Strumenti e Musica". "Rebelot" è un efficace termine del dialetto padano che sta indicare confusione assoluta. Ma andiamo con calma, perché il rebelot è davvero tanto:

- Letteratura valida e non valida

Qui l'opinione di Di Gesualdo non fa una grinza, come il viso di una donna attempata dopo un lifting. Si potrebbero scrivere tonnellate di argomentazioni per stabilire chi ha saputo trarre meglio dalla fisarmonica il suo "sound", chi si è posto con la sua scrittura nel milieu della musica contemporanea più credibile. Ma il problema è di coerenza. Secondo Di Gesualdo Thomson e Creston sarebbero dei "buoni e famosi compositori" che però sarebbero inciampati in una scrittura illegittima e non valida per i nostri tempi. Ma allora bisogna riscrivere un brano ogni qualvolta si modificano i tempi? La fisarmonica di quei tempi aveva forse i pistoni o le corde in budello?

Ben altri sarebbero, secondo Di Gesualdo i compositori che hanno scritto "cose notevoli, poche nel magma della mediocrità: Sauget, Oliveros, Gubaidulina, Nordheim". Opinione più che saggia, ma perché allora nel programma di Conservatorio elaborato proprio da Di Gesualdo, tranne Sauget, questi "classici" non appaiono, mentre sono stati inseriti proprio Thomson e Creston?? E dove sono tutti quei brani, ormai considerati dei capolavori, che i vari Noth, Ellegaard, Lips, Macerollo, ecc. - gente che ha alle spalle qualcosa in più di un exploit isolato - eseguono nei più prestigiosi festivals internazionali di musica contemporanea? Dobbiamo arguire che è stata privilegiata allora la mediocrità di scrittura, o forse questi classici sono difficilmente eseguibili, o addirittura sono ineseguibili sulla fisarmonica "Di Gesualdo" (a piano e con bassi sciolti per quinte)?

Quando Scappini e Battiston asseriscono che ogni sistema è valido quando è in grado di eseguire quanto previsto dai programmi ministeriali, dicono una cosa sacrosanta, ma dimenticano che la cultura musicale va al di là del mero ossequio ai dettami burocratici specie quando, in questi dettami burocratici - e ce lo dimostra lo stesso Di Gesualdo con le sue affermazioni - il buono è stato sostituito dal cattivo da riscrivere.
E questa filosofia del cattivo da riscrivere la troviamo anche nella scelta degli studi previsti per il compimento inferiore: quelli di Deiro e quelli di Hermann (scritti nel 1927) sono considerati universalmente dei reperti storici senza alcun valore didattico e pedagogico moderno.
Se consideriamo il programma di Conservatorio come emblema delle potenzialità estetiche di uno strumento, mi chiedo che diavolo di strumento abbiamo sbandierato in questi ultimi dieci anni. Solo uno strumento che necessita di riscrittura dei testi (insulto alla buona e ben scritta letteratura) , solo uno strumento all'affannosa ricerca di parentele blasonate per giustificare la propria esistenza (insulto all'autonomia fisica dello strumento)?

Perché lo strumento a piano e per quinte è più valido(secondo di Gesualdo)?

E proprio su questo argomento viene il bello: la fisarmonica con tastiera a pianoforte trarrebbe la propria classicità dagli strumenti a tastiera; la tastiera cromatica sarebbe astorica, toglierebbe, a causa dell'uniformità di posizioni dei passaggi tonali, la "trascendenza tecnica dei romantici (e che c'entrano i romantici con il repertorio di uno strumento che non ha avuto niente a che vedere con il romanticismo?), trascendenza che traeva il suo fondamento nella diversa posizione delle mani che non godrebbero più di un'intelligenza periferica". Una disquisizione veramente pirotecnica. Ma allora come la mettiamo con la tastiera sinistra a bottoni per quinte (quella della "fisarmonica Di Gesualdo") in cui vige parimenti una ripetitività delle posizioni? La mano sinistra è forse meno intelligente della destra, non deve godere della "tecnica della diversità tonale"?? E' forse spastica? E se la fisarmonica deve essere " l'erede verticale delle tastiere storiche", che ci stanno a fare i bottoni presenti sulla sua tastiera sinistra per quinte? Ma perché non proponiamo allora una tastiera sinistra con una bella fila di tasti lunghi bianchi e neri come quelli dell'organo (abbiamo mai visto un organo a bottoni?)? Ah, ma dimenticavo, l'origine della tastiera sinistra per quinte risiederebbe nella logica accordale di tutti gli strumenti ad arco (oh, mio Dio, anche gli archi mi va a tirar fuori!). "I bassi per quinte derivano dall'ottava corta organistica", sostiene Di Gesualdo. Non è per caso che la vicinanza dominante-tonica fosse invece richiesta dal zum-pa-pa di cui abbondava la letteratura arcaica per fisarmonica ad accordi fissi?

Dove stia lo strumento autonomo fisarmonica in tutto quest
o rebelot di parentele cromosomiche non si vede bene!

Comunque va dato atto a Di Gesualdo di aver colto nel segno quando lamenta la smania dei nostri fisarmonicisti di imitare con la fisarmonica l'organo. Peccato che la fisarmonica "Di Gesualdo" contenga un registro con la dodicesima che non trova altra giustificazione se non in una mera imitazione dell'organo, non essendo impiegato in alcuna pagina della letteratura fisarmonicistica mondiale.

Di Gesualdo ha avuto nei primi anni '70 qualche splendida intuizione che è stata all'origine di una produzione interessante, anche se limitata a pochissime pagine; è un musicista che ha saputo mantenere un distacco da tante mode che purtroppo uno strumento in evoluzione doveva subire. Oltre ad essersi isolato dalle realtà mondane fisarmonicistiche - è vero, qualche volta poco acculturate e un po' kitch - che hanno gravitato negli ultimi decenni attorno allo strumento, si è purtroppo anche isolato da tutto il contesto culturale che internazionalmente si andava affermando, un contesto tutt'altro che di second'ordine, perdendo così la capacità di confrontare se stesso con gli altri. Il risultato è che il programma di cui Di Gesualdo è stato principale artefice, risulta 1)sganciato dalla migliore tradizione europea , 2) ridicolo in molti suoi punti, 3) disegnato sulla base di una visione ideologica che vede il suo tipo di fisarmonica e il suo sistema di tastiere (che al mondo viene usato solo da lui e da qualche decina di suoi adepti) dominare su una realtà internazionale che va in tutt'altra direzione.

La sua grande presunzione, che sarebbe accettabile ed anche utile se risultasse produttiva, le sue paure di infettarsi nel contatto con il popolo della fisarmonica, la sua concezione elitaria dello strumento e della sua letteratura, lo hanno portato ad atteggiamenti di mero snobbismo intellettuale che si rivelano utili solo a chi li sfoggia. Gli allievi che usciranno dai conservatori nei prossimi anni soffriranno a lungo, quanto si confronteranno con la realtà internazionale, per le conseguenze di questa sua presunzione.
 

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